I risultati di uno studio evidenziano che alcuni cibi non solo nutrono, ma modulano l’espressione dei geni, aiutando il corpo a proteggersi dallo stress, dall’infiammazione e dall’invecchiamento
Alcuni alimenti — come il tè verde, i broccoli, la curcuma, la soia e il vino rosso — possono essere considerati come “farmaci alimentari” della longevità: contengono composti capaci di intervenire sull’espressione dei geni e sui processi biologici associati all’invecchiamento e alle malattie croniche. A rivelarlo è uno studio italiano condotto dall’Università di Padova, pubblicato su Advances in Nutrition, che ha passato in rassegna più di cento ricerche sperimentali e cliniche.
Le molecole che modulano il destino
Il lavoro del gruppo coordinato da Sofia Pavanello ha evidenziato come alcune molecole naturali — in particolare polifenoli, folati e curcumina — siano in grado di regolare enzimi implicati nel “marchio” del DNA. Questi enzimi aggiungono o tolgono segnali chimici al genoma, attivando o disattivando l’espressione dei geni. Si tratta di modifiche epigenetiche, ossia reversibili, che permettono alla dieta di intervenire sulla risposta dell’organismo a stress ossidativo, infiammazione e processi d’invecchiamento.
In parole più semplici: ciò che mangiamo può influenzare — non cambiandolo radicalmente, ma modulandolo — il funzionamento del nostro stesso DNA. È una visione molto potente della nutrizione, che non si limita a fornire energia e nutrienti, ma diventa attiva nel dialogo con il corpo.
Dalla mensa all’universo
L’interesse per questi alimenti “epigenetici” non riguarda solo la salute sulla Terra: i ricercatori suggeriscono che questi composti potrebbero essere fondamentali anche nei programmi spaziali. In contesti estremi come le missioni a lunga durata, gli astronauti sono esposti a stress ossidativo e infiammazione continui. Poter usufruire di alimenti funzionali che aiutino a prevenire l’invecchiamento precoce e le malattie croniche diventa dunque una priorità anche nello spazio.
Implicazioni per la prevenzione e la personalizzazione della dieta
Secondo Pavanello, l’obiettivo è chiaro: capire quali alimenti possano fungere da “interruttori naturali” nel nostro corpo, e in che modo la dieta possa essere usata per rallentare i processi biologici alla base dell’invecchiamento e delle patologie.
Ma questa strada, seppur affascinante, consiglia prudenza: non si tratta di pensare che mangiando una singola pianta si possa evitare ogni malattia. L’idea è che una dieta composta in modo consapevole e ricca di alimenti ad azione epigenetica possa supportare la prevenzione e contribuire a un invecchiamento più sano.
Questa ricerca conferma un’intuizione spesso trascurata: che il cibo non è “neutrale”, non è solo carburante, ma agisce, comunica, plasma. L’invito rivolto ai lettori è di riflettere su ogni alimento consumato come su un’opportunità: scegliere consapevolmente fa la differenza.

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