Al Museo di Storia Naturale di Milano una mostra che svela l’impatto delle munizioni al piombo. Fino all’1° marzo 2026
Fino al 1° marzo 2026 il Museo di Storia Naturale di Milano ospita “Il veleno dopo lo sparo. Il piombo nella caccia avvelena gli uccelli, l’ambiente e l’uomo”, un percorso scientifico e divulgativo dedicato a una minaccia tanto invisibile quanto diffusa.
Promossa dal Comune di Milano e realizzata in collaborazione con il Museo di Scienze Naturali “E. Caffi” di Bergamo e la Società Italiana di Scienze Naturali, la mostra approfondisce e rinnova l’edizione presentata a Bergamo nel 2023, all’interno di BGBS2023 – Capitale Italiana della Cultura.
Curata da Enrico Bassi, Gloria Ramello, Paolo Pantini e Giorgio Chiozzi, l’esposizione è un invito a guardare oltre l’apparenza folkloristica della caccia: perché ciò che rimane dopo lo sparo non è solo un rumore nell’aria, ma una scia di contaminazione che può durare fino a un secolo.
Cosa leggerai nell'articolo:
Il piombo: un killer ancora presente, malgrado i divieti
Dal 15 febbraio 2023 è in vigore il Regolamento UE 2021/57, che vieta l’uso di munizioni al piombo entro 100 metri dalle zone umide europee. La norma riconosce ufficialmente ciò che la scienza denuncia da decenni: il piombo è una neurotossina pericolosa per l’ambiente, la fauna selvatica e la salute umana.
L’OMS ne sconsiglia il contatto, l’inalazione e soprattutto l’ingestione. Il consumo di carne di selvaggina abbattuta con munizioni tossiche è ritenuto rischioso per gruppi vulnerabili come bambini sotto i 7 anni, donne in età fertile e anziani sopra i 70 anni.
Ed è un paradosso scientifico e culturale che, pur essendo da tempo bandito da benzine, giocattoli, idraulica, vernici, ceramiche, bigiotteria e perfino dai MOCA (materiali a contatto con alimenti), il piombo resti invece largamente utilizzato nelle munizioni da caccia.
14.000 tonnellate di piombo disperse ogni anno in Europa
La caccia rilascia nell’ambiente oltre 14.000 tonnellate di piombo all’anno. Un metallo pesante che non scompare, ma si accumula: resta nel suolo fino a cento anni, entra nella catena alimentare, contamina acque, animali e, indirettamente, anche l’uomo.
Gli uccelli acquatici ingeriscono i pallini scambiandoli per piccoli sassi. I grandi rapaci e gli avvoltoi vengono avvelenati nutrendosi di carcasse contaminate.
Secondo l’ECHA, 2,3 milioni di uccelli muoiono ogni anno per saturnismo.
In Lombardia, le analisi condotte da ERSAF – Parco Nazionale dello Stelvio e dall’Ufficio Caccia della Provincia di Sondrio rivelano un dato inquietante: il 73% delle 55 aquile reali e avvoltoi recuperati tra il 2005 e il 2025 era contaminato da piombo di origine venatoria.
La contaminazione non è quindi un incidente, ma un fenomeno sistemico.
Dentro la mostra: quando la scienza racconta ciò che non si vede
Il percorso espositivo accompagna il pubblico attraverso reperti naturalistici, immagini, campioni, collezioni storiche e installazioni multimediali che illustrano gli effetti del saturnismo sugli uccelli acquatici, sui rapaci e sui grandi avvoltoi europei.
La mostra non si limita alla fauna selvatica: mette in luce come il piombo ritorni, spesso in modo invisibile, nella dieta umana, attraverso la carne di selvaggina contaminata da pallini e frammenti di proiettile.
È un viaggio nella chimica del veleno, nelle fragilità degli ecosistemi e nella complessità del rapporto tra costumi venatori e sostenibilità.
bismuto, che garantiscono efficacia venatoria senza contaminare l’ambiente.
Una mostra che chiama alla responsabilità collettiva
“Il veleno dopo lo sparo” è un atto di consapevolezza pubblica. Le istituzioni, gli enti scientifici e i musei coinvolti lanciano un monito che non riguarda solo chi pratica la caccia, ma tutti noi: l’uso irresponsabile del piombo compromette la biodiversità, gli equilibri ecologici e la salute delle persone.
Durante i mesi di apertura sono previste visite guidate, conferenze, laboratori e attività didattiche rivolte a scuole, famiglie e appassionati, per approfondire il delicato rapporto tra caccia, ambiente e salute pubblica.
Un invito a riflettere su ciò che lasciamo nell’aria dopo lo sparo.
E su ciò che, lentamente, torna a noi.
Box di approfondimento – Perché il piombo è così pericoloso?
Il piombo è un metallo pesante che non ha alcun ruolo biologico utile per l’organismo umano e animale. Anche quantità minime possono provocare danni gravi, perché il corpo non è in grado di eliminarlo facilmente: tende ad accumularsi nel sangue, nelle ossa, nel fegato e nel sistema nervoso.
Ecco perché è considerato una delle neurotossine più pericolose al mondo:
- Danneggia il cervello e il sistema nervoso centrale. Interferisce con lo sviluppo neuronale, riduce le capacità cognitive e di memoria. Nei bambini i danni possono essere permanenti.
- Passa dalla carne alla tavola. La selvaggina colpita da munizioni al piombo contiene spesso micro-frammenti invisibili, impossibili da rimuovere durante la preparazione del cibo.
- Avvelena gli animali selvatici. Gli uccelli acquatici ingeriscono i pallini scambiandoli per sassolini. Rapaci e avvoltoi si contaminano nutrendosi di prede e carcasse contenenti frammenti di proiettile. È un avvelenamento lento, doloroso e silenzioso.
- Rimane nell’ambiente per decenni. Una volta sparato, il piombo si deposita nel suolo e può rimanervi per fino a un secolo, contaminando acqua, piante, fauna e, indirettamente, anche le comunità umane.
- Non esiste una “dose sicura”. L’OMS ribadisce che non c’è una quantità di piombo considerabile innocua. Anche livelli bassi possono provocare danni neurologici, endocrini e cardiovascolari.
Il risultato è un inquinante che nasce da un gesto fugace — lo sparo — ma che continua a vivere, invisibile, nel corpo degli ecosistemi e delle persone. Per questo eliminarlo non è un’opzione: è un atto di responsabilità collettiva.
[Cover Image – © Museo di Storia Naturale di Milano]

Ho ideato Controsenso, un’iniziativa che promuove la rinascita culturale. Guido un team di professionisti impegnati a supportare associazioni, cittadini, imprese e privati nella realizzazione dei loro progetti. Il nostro motto? We are working for the Planet.



