Vita nei rifugi di alta quota
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La vita nei rifugi di alta quota: storie e aneddoti dai guardiani delle montagne

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Ad alta quota, i gestori dei rifugi alpini vivono un’esistenza particolare, tra isolamento, sfide ambientali e incontri con escursionisti. Le loro storie testimoniano un legame profondo con la montagna

I rifugi di alta quota sono punti di riferimento essenziali per gli alpinisti e gli escursionisti. Questi avamposti montani sono luoghi di rifugio, ristoro e, spesso, anche di ricerca scientifica.

La vita dei loro gestori è segnata da condizioni estreme, responsabilità importanti e un rapporto intimo con la natura. Questo articolo esplora le loro esperienze, offrendo uno sguardo sulle sfide e sugli aneddoti che caratterizzano la loro quotidianità.

Un mestiere che unisce passione, sapienza e resistenza

I guardiani dei rifugi alpini, generalmente membri del Club Alpino Italiano (CAI) o di associazioni analoghe, sono figure centrali nel funzionamento delle strutture di alta quota. La loro giornata tipo include la gestione delle prenotazioni, la preparazione dei pasti, la manutenzione del rifugio e l’assistenza agli ospiti.

Secondo un rapporto del CAI del 2023, in Italia esistono circa 700 rifugi alpini, di cui oltre 150 situati sopra i 2.500 metri. La Capanna Regina Margherita, a 4.554 metri sul Monte Rosa, è il rifugio più alto d’Europa, gestito stagionalmente da guardiani che affrontano condizioni di ossigeno rarefatto e temperature che possono scendere sotto i -30°C.

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In luoghi come la Capanna Margherita il tramonto visibile dalla vetta è un momento di rara bellezza, capace di ripagare le difficoltà di un lavoro che richiede acclimatamento e preparazione fisica. Ma al lato poetico si affianca la gestione di emergenze, come soccorsi in caso di mal di montagna. Una responsabilità di enorme portata, se si considera che fino al 3% degli escursionisti a quote elevate sviluppa sintomi di edema cerebrale o polmonare, secondo uno studio pubblicato su PMC nel 2021.

Isolamento e comunità: il paradosso dei rifugi

La vita ad alta quota è caratterizzata da un isolamento che può durare settimane, specialmente nei rifugi più remoti. A volte si prova la sensazione di essere “sospesi tra cielo e terra”, con giornate scandite dal ritmo della natura e dagli arrivi degli escursionisti.

L’isolamento si alterna comunque a momenti di intensa socialità. I rifugi diventano, in questi casi, luoghi di scambio, in cui si intrecciano storie di viaggiatori provenienti da tutto il mondo.

Un aneddoto riportato da World Footprints (2025) racconta di un guardiano del rifugio Hallerangerhaus, in Austria, che ha la prassi di organizzare serate di giochi e letture per creare un senso di comunità tra gli ospiti, nonostante le barriere linguistiche. In Italia, la biblioteca della Capanna Margherita, inaugurata nel 2004 e considerata la più alta d’Europa, offre agli alpinisti un angolo di cultura a 4.554 metri, con circa 350 volumi disponibili.

Sfide ambientali e sostenibilità

I gestori dei rifigui devono affrontare difficoltà logistiche significative, ma anche le crescenti sfide legate al cambiamento climatico. Uno studio del 2024 pubblicato su Taylor & Francis evidenzia come il ritiro dei ghiacciai e la degradazione del permafrost stiano rendendo più complessi gli accessi ad alcuni rifugi, con oltre due terzi delle vie di salita in Francia influenzate da questi fenomeni.

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In Europa, il progetto Life SustainHuts ha introdotto tecnologie innovative in diversi rifugi, tra cui sistemi di stoccaggio a idrogeno e pannelli solari, riducendo le emissioni di CO2 di 145,64 tonnellate e i voli in elicottero per il trasporto di carburante.

Un guardiano del Rifugio Bachimaña, in Spagna, ha raccontato come, grazie a questo programma, l’installazione di un sistema ibrido a idrogeno abbia trasformato la gestione energetica del suo rifugio, rendendolo un modello di sostenibilità.

La dipendenza dai rifornimenti via elicottero rimane però ancora una sfida, con costi elevati e impatti ambientali significativi.

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