Suoni misteriosi del mare
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Suoni misteriosi del mare: leggende e spiegazioni scientifiche

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Dai canti delle balene ai boati inspiegabili degli abissi, i suoni del mare alimentano miti e curiosità. La Scienza cerca risposte, ma alcuni enigmi restano irrisolti

Gli oceani, che coprono oltre il 70% della superficie terrestre, sono un universo sonoro tanto affascinante quanto misterioso. Dai richiami melodiosi dei cetacei ai segnali acustici di origine sconosciuta, i suoni sottomarini hanno ispirato leggende di mostri marini e narrazioni fantastiche.

Negli ultimi decenni, avanzamenti tecnologici come gli idrofoni e l’Intelligenza Artificiale hanno permesso di decifrare molti di questi fenomeni, ma alcuni continuano a sfuggire a una spiegazione definitiva.

Leggende e miti ispirati dal mare

Fin dall’antichità, i suoni del mare hanno alimentato l’immaginario collettivo. Le sirene, creature mitologiche della Grecia antica, erano descritte come entità che seducevano i marinai con canti ammalianti, portandoli alla rovina. Una leggenda caldea narra di Ea-Ghanna, un essere con corpo di pesce e testa umana che emergeva dalle acque del Golfo Persico per insegnare agli uomini.

Nel Medio Evo, mappe nautiche raffiguravano mostri marini come il kraken, un cefalopodo gigante capace di generare boati e vortici, oggi identificato con il calamaro gigante, lungo fino a 18 metri.

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Questi miti nascevano spesso da fenomeni naturali mal compresi. I marinai, privi di strumenti scientifici, interpretavano i suoni delle onde, dei venti o delle creature marine come segni di presenze sovrannaturali. Ancora oggi, racconti di “trombe dell’apocalisse” o boati sottomarini circolano sui social media, attribuiti in molti casi a entità aliene o a creature sconosciute, nonostante le spiegazioni scientifiche disponibili.

Suoni decifrati: le voci degli abissi

Molti suoni un tempo misteriosi hanno trovato una spiegazione scientifica. Il “bio-duck”, un verso simile allo starnazzare di un’anatra registrato negli anni ’60 al largo dell’Australia, è stato identificato nel 2014 come la vocalizzazione della balenottera minore antartica. Uno studio pubblicato su Marine Mammal Science ha rivelato che questi cetacei emettono sequenze di suoni per comunicare, spesso prima di calarsi in immersioni profonde.

Un altro esempio è il “biotwang”, un suono descritto come un grugnito seguito da un’eco metallica, captato per un decennio nella Fossa delle Marianne. Nel 2024, ricercatori della NOAA hanno confermato che si tratta di un richiamo della balena di Bryde, registrato in concomitanza con avvistamenti della specie. Anche i pesci, considerati generalmente “muti”, producono suoni: uno studio del 2023 dell’Istituto Australiano di Scienze Marine ha documentato canti gutturali e schiocchi di gamberi tigre, rilevati con idrofoni e analizzati tramite l’Intelligenza Artificiale.

Questi progressi dimostrano come la tecnologia stia svelando i segreti del mare. Tuttavia, non tutti i suoni trovano una spiegazione altrettanto chiara.

Enigmi irrisolti: il caso del Bloop e altri misteri

Tra i suoni più celebri e dibattuti c’è il “Bloop”, un segnale a bassissima frequenza registrato nel 1997 dal sistema SOSUS della NOAA nell’Oceano Pacifico. Con un’ampiezza tale da essere captato a oltre 5.000 chilometri di distanza, il Bloop fu inizialmente ipotizzato come il richiamo di una creatura marina sconosciuta, più grande di una balenottera azzurra. Nel 2012, il NOAA Vents Program lo ha attribuito a un criosisma, un terremoto del ghiaccio causato dal distacco di iceberg, grazie a spettrogrammi simili rilevati nel 2008. Persistono però alcune speculazioni su origini biologiche alimentate dalla vastità inesplorata degli oceani.

Altri suoni, come l’“Upsweep” (registrato dal 1991 e associato a possibili attività vulcaniche) e il “Whistle” (captato una sola volta nel 1997), restano senza una spiegazione definitiva. La NOAA continua a monitorarli, ma la natura occasionale di questi segnali e la complessità dell’ambiente sottomarino limitano le indagini. Questi casi evidenziano quanto gli oceani, nonostante i progressi scientifici, rimangano un territorio in gran parte sconosciuto.

Il ruolo della tecnologia e le sfide future

L’analisi dei suoni sottomarini si avvale di strumenti sempre più sofisticati. Reti di idrofoni a basso costo, come quelle utilizzate nello studio australiano del 2023, e algoritmi di Intelligenza Artificiale permettono di catalogare e interpretare grandi quantità di dati acustici.

Queste tecnologie svelano la biodiversità marina, ma aiutano anche a monitorare l’impatto del rumore antropogenico, come quello delle navi, che disturba gli animali che dipendono dall’eco-localizzazione.

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Le sfide, tuttavia, sono ancora numerose. La pressione estrema degli abissi, la vastità degli oceani e la difficoltà di localizzare le fonti sonore (che richiede almeno tre idrofoni per la triangolazione) complicano la ricerca. Inoltre, il cambiamento climatico e l’acidificazione degli oceani potrebbero alterare i “paesaggi sonori” marini, rendendo urgente la creazione di archivi acustici per preservare questi dati.

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