Dalla scena teatrale al linguaggio della Psicologia e della fede, la storia di una parola che ha trasformato il suo significato, fino a diventare simbolo dell’identità
Oggi il termine “persona” viene utilizzato per indicare l’individuo nella sua autenticità, come espressione dell’io più profondo. Tuttavia, l’etimologia e la storia del termine rivelano un’origine differente: la persona, in principio, non era ciò che si è, ma ciò che si mostra.
Cosa leggerai nell'articolo:
Dal teatro latino al diritto romano
La parola persona deriva dal latino per-sonare, ovvero “risuonare attraverso”. Nel teatro antico indicava la maschera, realizzata in legno o terracotta, con la bocca aperta per consentire di amplificare la voce dell’attore. La persona, dunque, non era l’attore, ma la voce che attraversava una maschera.
Ti invitiamo a scoprire cosa direbbe Socrate del mondo di oggi
Il diritto romano mantenne questa sfumatura: il termine identificava il ruolo sociale o giuridico – cittadino, schiavo, magistrato – più che l’individuo concreto. Non l’essenza, ma la funzione.
Dalla maschera al sacro
Con l’avvento del Cristianesimo, la parola assunse un significato teologico. Le “tre persone” della Trinità – Padre, Figlio e Spirito Santo – erano considerate distinte ma unite in un’unica sostanza. Così un termine teatrale, nato per indicare finzione e ruolo, si trasformò in concetto sacro e dottrinale.
Psicologia della maschera
In epoca moderna, Carl Gustav Jung riprese il termine attribuendogli un valore psicologico. La Persona diventava la facciata sociale che ogni individuo indossa per adattarsi al mondo. Non una menzogna, ma uno strumento di mediazione con la collettività, utile a garantire riconoscimento e coesione sociale.
Ti suggeriamo di leggere: Differenze tra Psicoterapia freudiana e junghiana
Lo psichiatra svizzero avvertiva però del rischio insito in un’eccessiva identificazione con la Persona: la maschera può diventare prigione, allontanando l’individuo dal proprio Sé autentico.
Oltre la maschera
Se da un lato le maschere sociali possono agevolare la convivenza e la comunicazione, dall’altro finiscono per cristallizzare ruoli e identità fittizie. L’individuo che vi si rifugia corre il rischio di costruire rapporti fondati sull’immagine, piuttosto che sulla verità.
Mostrarsi per ciò che si è, senza ricorrere a facciate o a ruoli artificiosi, non significa rinunciare alla socialità, ma affermarla in forma più autentica. La trasparenza libera dal peso della finzione. Restituisce forza e credibilità alle relazioni umane.
In ultima analisi, la verità non necessita di maschere per affermarsi. È solo attraverso l’espressione genuina del Sé che l’individuo può vivere pienamente e contribuire a un tessuto sociale fondato non sulla recita, ma sulla sincerità.

Il Magazine di Informazione senza filtri né padroni. Un progetto corale che arricchisce in chiave propositiva, offrendo spunti per salvaguardare il Pianeta.