Alle origini del suono: quando l’uomo (o i suoi antenati) trasformarono un oggetto in musica
Nell’immensità del tempo che precede la scrittura e la leggibilità dei documenti, troviamo tracce fragili, ma evocative, di ciò che potremmo definire “il primo strumento musicale”.
Secondo gli studi più accreditati, l’oggetto più antico identificabile come “strumento musicale” è una flauto ricavato dall’osso di un orso delle caverne, rinvenuto nella grotta di Divje Babe I, Slovenia, e datato a circa 50-60 mila anni fa.
Si tratta del celebre “Divje Babe Flute”, che presenta fori intenzionali e – secondo alcuni esperimenti – produce note coerenti con una scala diatonica.
È però importante chiarire che questa identificazione non è universalmente accettata: alcuni studiosi sostengono che i fori potrebbero essere il risultato di morsi di animali e non di una mano umana intenzionalmente musicale.
In senso più generale, oltre allo strumento “specifico”, l’idea che il primo strumento sia stato un oggetto qualsiasi usato per produrre suono — una pietra colpita, un bastone battuto — viene attribuita anch’essa alla preistoria della musica.
Materiali, contesto e significato
Lo strumento della grotta di Divje Babe è realizzato nel femore di un giovane orso delle caverne (“cave bear”), lungo circa 11,4 cm, con quattro fori perforati e un orlo che appare lavorato.
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Il contesto archeologico lo colloca in uno strato associato ai Neanderthal, il che suggerisce che anche queste popolazioni fossero capaci di attività musicali o simboliche. Gli esperimenti condotti su repliche della “flauto” hanno mostrato che poteva produrre una serie di note in scala diatonica, un fatto che suggerisce un’intenzionalità nell’uso musicale.
La disputa rimane comunque aperta. Alcuni ricercatori chiedono se l’oggetto sia realmente uno strumento musicale, o solo un osso perforato casualmente che ha assunto più tardi funzione simbolica.
Perché questo “primo strumento” è così importante
La scoperta di un oggetto presumibilmente musicale così antico cambia profondamente il nostro modo di pensare alla musica, non solo come arte elaborata, ma come componente fondamentale dell’esperienza umana fin dalle origini.
Innanzitutto, ci dice che la musica non è un’invenzione recente, ma forse una caratteristica della mente umana (o dei nostri antenati) radicata molto più indietro nel tempo. In secondo luogo, suggerisce che l’atto di produrre suono intenzionalmente — ossia “non solo rumore”, ma “musica” — può essere stato un mezzo di comunicazione, rituale, espressione sociale o spirituale.
In terzo luogo, mostra come strumenti musicali – anche molto semplici – abbiano richiesto tecniche, materiali, e un’intelligenza acustica non banale: scegliere l’osso giusto, perforarne i fori in modo che producano note; non è un’azione casuale.
Infine, se lo strumento in Slovenia è stato davvero creato dai Neanderthal, ciò significa che anche queste popolazioni – spesso immaginate solo come “primitivi” – avevano capacità simboliche e culturali raffinate.
Limiti, incertezze e interpretazioni alternative
Pur essendo affascinante, la storia del “primo strumento” è costellata di zone d’ombra. Le condizioni di conservazione estremamente difficili dell’antico materiale organico (ossa, legno, canna) fanno sì che ciò che troviamo sia solo una minima frazione di quanto è esistito.
Inoltre, non è sempre facile stabilire con certezza che un oggetto fosse destinato alla musica piuttosto che ad un uso pratico o rituale differente. L’osso perforato della grotta di Divje Babe potrebbe essere risultato dell’azione di animali carnivori e non di un’artigianalità musicale.
La Musicologia avverte per di più che la definizione stessa di “strumento musicale” è sfumata: dal momento che anche strumenti di percussione fatti con pietre o bastoni potevano essere precursori, è difficile stabilire un “primo” definitivo.
[Cover Image – Izletnik22, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons]

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