Un’analisi di uno dei mali più insidiosi dei nostri tempi, tra riflessioni storiche, filosofiche e psicologiche
L’invidia non è un sentimento nuovo, ma la sua influenza nella società contemporanea appare più pervasiva e subdola che mai. Questo sentimento, spesso camuffato da competitività o ambizione, mina relazioni, comunità e persino il benessere individuale.
Lo storico sociale René Girard definiva l’invidia come una forza mimetica, capace di spingere le persone a desiderare ciò che altri possiedono, creando conflitti che si propagano silenziosamente nella vita quotidiana. Nella nostra epoca di social media e confronto costante, l’invidia trova terreno fertile: il successo altrui diventa un metro di misura per la propria autostima, generando frustrazione, risentimento e malessere diffuso.
Cosa leggerai nell'articolo:
Da Platone a Montaigne: riflessioni senza tempo
I grandi pensatori del passato hanno osservato l’invidia come un fenomeno intrinseco alla natura umana. Platone, nell’opera La Repubblica, metteva in guardia contro le passioni che disturbano l’armonia dell’anima e della società, identificando l’invidia come una delle più corrosive.
L’intelligenza emotiva come superpotere: riconoscere, accogliere, trasformare
Michel de Montaigne, nel XVI secolo, sosteneva che l’invidia “è la più crudele delle passioni; essa divora chi la prova e logora chi la subisce”, cogliendo già allora la doppia ferita che questa predisposizione infligge sia all’invidioso sia alla società in cui vive.
L’invidia come freno al progresso individuale e collettivo
Oggi, le conseguenze dell’invidia si manifestano su scala personale e sociale. Le relazioni si deteriorano, la fiducia reciproca si riduce. l’ambiente lavorativo, scolastico o familiare può trasformarsi in un terreno di sospetto e competizione malsana. Lo psicologo sociale Richard H. Smith sottolinea che “l’invidia non è solo desiderio di possesso, ma desiderio di privare l’altro di ciò che possiede”, evidenziando la sua natura distruttiva e autolesionista.
Quando la società ne è permeata, l’innovazione e la collaborazione si riducono, sostituite da rivalità e ostilità sotto la maschera di superficialità o falsa cortesia.
Strategie di consapevolezza e resilienza
Comprendere l’invidia è il primo passo per difendersene. Filosofi e psicologi concordano sul fatto che la consapevolezza di questo sentimento e l’educazione alla gratitudine possano ridurne l’impatto.
Seneca ammoniva sul fatto che “l’invidia è un veleno che assaggia chi la prova, non chi la subisce”, suggerendo che il rimedio per sconfiggerla risiede nella crescita interiore e nella capacità di apprezzare il proprio percorso senza confrontarlo costantemente con quello altrui. In un’epoca che enfatizza la comparazione costante, coltivare valori quali l’empatia, l’autostima e la capacità di riconoscere il valore degli altri diventa un atto controcorrente.
L’invidia, uno specchio deformante della nostra società
L’invidia rimane uno specchio inquietante della società contemporanea, rivelando insicurezze individuali e fragilità collettive. Solo attraverso la consapevolezza storica, filosofica e psicologica possiamo imparare a osservarla senza esserne sopraffatti, trasformando la competizione malsana in ispirazione e il confronto in crescita personale.
Come sosteneva Aristotele, “l’uomo invidioso soffre due volte: della felicità altrui e della propria incapacità di essere felice”. Riconoscere questa doppia ferita è il primo passo per costruire comunità più equilibrate, solidali e autenticamente resilienti.

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