Un altro gigante della moda sceglie la strada dell’etica: dal 2026 le passerelle di New York saranno totalmente fur-free. Un segnale potente che ridisegna il futuro del settore e mette Milano di fronte a una responsabilità ormai inevitabile
La rivoluzione gentile – ma determinata – che da anni attraversa il mondo della moda fa un nuovo balzo in avanti. Dopo Londra, che ha già escluso sia le pellicce sia le pelli esotiche dalle sue passerelle, anche la New York Fashion Week annuncia una svolta storica: dal settembre 2026 non vedremo più capi in pelliccia animale sulle passerelle americane.
Una decisione destinata a cambiare gli equilibri globali del fashion system e a definire nuovi standard di sostenibilità, coerenza etica e responsabilità verso il Pianeta.
Cosa leggerai nell'articolo:
Moda fur-free: una scelta condivisa che parla di futuro
Il passo è stato ufficializzato dal Council of Fashion Designers of America (CFDA), in collaborazione con Collective Fashion Justice e Humane World for Animals, due realtà internazionali impegnate nella transizione verso una moda cruelty-free.
Le tre organizzazioni hanno lavorato insieme per definire la nuova policy, riconoscendo che innovazione, creatività e rispetto per la vita non solo possono convivere, ma rappresentano l’unica via possibile per un settore fashion realmente moderno.
L’impatto etico del Veganesimo: perché scegliere il cruelty-free
Steven Kolb, CEO del CFDA, ha ricordato che le pellicce erano già quasi scomparse dalle passerelle americane, ma il nuovo corso vuole consolidare un messaggio chiaro: la moda non può ignorare l’impatto che ha sugli animali e sulla sensibilità dei consumatori. “Vogliamo posizionare la moda americana come leader – ha dichiarato – sostenendo materiali innovativi e una cultura del design più consapevole.”
L’Italia osserva, ma non agisce: il silenzio della Camera Nazionale della Moda
Se Londra, Copenaghen, Stoccolma, Amsterdam, Helsinki, Berlino e persino Melbourne hanno ormai scelto la strada del fur-free, l’Italia appare ancora ferma.
LAV – da anni in prima linea per la promozione di una moda sostenibile – rinnova il suo appello alla Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMI), sollecitandola a prendere una posizione chiara e vincolante. “Abbiamo chiesto più volte alla CNMI di dichiarare ufficialmente fur-free le prossime Fashion Week italiane<//i>” spiega Simone Pavesi, responsabile dell’Area Moda Animal Free di LAV. “Speriamo che questa concorrenza virtuosa spinga anche Milano a compiere finalmente un passo decisivo.”
La domanda, inevitabile, resta sospesa: cosa aspetta Milano a diventare davvero capitale della moda del futuro?
Un settore che cambia perché cambiano le persone
Il movimento fur-free riflette un cambiamento culturale profondo. I consumatori – soprattutto le generazioni più giovani – rifiutano sempre più fermamente ciò che comporta sofferenza, mancanza di trasparenza o un impatto ambientale eccessivo. E l’editoria stessa sta recependo questo shift: Condé Nast, proprietaria di riviste come Vogue, Vanity Fair e Glamour, ha vietato l’uso di pellicce nei contenuti editoriali e pubblicitari, seguendo l’esempio già adottato da ELLE e InStyle.
La moda si sta muovendo verso nuovi materiali, nuove estetiche e nuove forme di responsabilità. Il futuro non è più nelle pellicce, ma nell’innovazione.
Verso un’eleganza consapevole
Il messaggio che arriva da New York è limpido e potente: l’eleganza può – e deve – essere compatibile con il rispetto per ogni forma di vita.
Ora l’Europa, e in particolare l’Italia, dovranno decidere se restare agganciate al passato o contribuire a costruire un modello di moda più umano, più lungimirante e più in linea con la sensibilità contemporanea.
Il cambiamento è già in marcia. Milano vuole davvero restare l’unica a non camminare?

Ho ideato Controsenso, un’iniziativa che promuove la rinascita culturale. Guido un team di professionisti impegnati a supportare associazioni, cittadini, imprese e privati nella realizzazione dei loro progetti. Il nostro motto? We are working for the Planet.


