Che cosa sono i Dazibao?
Cultura - Storia e Filosofia

Dazibao: i manifesti della Cina rivoluzionaria

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Dalla comunicazione popolare allo strumento politico

Il termine Dazibao (大字报), che si traduce letteralmente in “manifesto a grandi caratteri”, indica un particolare strumento di comunicazione popolare nato in Cina e utilizzato in modo estensivo a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Si trattava di grandi fogli di carta, spesso affissi sui muri di scuole, fabbriche, uffici o spazi pubblici, scritti con calligrafia a pennello e inchiostro, pensati per esprimere opinioni, critiche o appelli politici.

La tradizione dei manifesti scritti a mano non era del tutto nuova: già nelle epoche imperiali i cittadini potevano esporre petizioni pubbliche, ma con la Repubblica Popolare Cinese e soprattutto con l’avvento di Mao Zedong questo mezzo divenne un potente strumento politico e di massa.

Uno strumento di partecipazione politica

Nella fase iniziale, i Dazibao furono incoraggiati come espressione di democrazia diretta. Studenti e lavoratori potevano denunciare ingiustizie, esprimere critiche verso i funzionari locali e partecipare attivamente al dibattito politico. Nel 1957, durante la Campagna dei Cento Fiori, Mao invitò la popolazione a “lasciar fiorire cento fiori e contendere cento scuole di pensiero”: i Dazibao si moltiplicarono, diventando veicolo di opinioni e suggerimenti rivolti al Partito.

Questo periodo di relativa libertà durò poco. Con il repentino avvio della Campagna Anti-destra, molti autori di manifesti critici furono perseguitati, segnando l’inizio di una trasformazione del Dazibao da mezzo di partecipazione a strumento di controllo.

Il ruolo dei Dazibao nella Rivoluzione Culturale

Il culmine della storia dei Dazibao arrivò durante la Rivoluzione Culturale (1966-1976). Mao stesso scrisse un famoso Dazibao nell’agosto del 1966, affisso all’Università di Pechino, che accusava alcuni leader accademici di essere “controrivoluzionari”. Questo gesto diede legittimità all’uso del manifesto come arma politica.

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Gli studenti delle Guardie Rosse lo adottarono come strumento di lotta, scrivendo accuse e denunce contro professori, dirigenti ma anche contro vicini e colleghi. Carriere e vite furono subirono cambi di rotta derivanti dalle accuse esposte pubblicamente sui muri delle città.

Il Dazibao, in questo contesto, divenne una forma di “giustizia di piazza”.

La fase del disincanto e il declino

Dopo la morte di Mao nel 1976 e con la fine della Rivoluzione Culturale, i Dazibao furono progressivamente rivalutati. Negli anni successivi, in particolare con la nascita del Muro della Democrazia a Pechino nel 1978, tornarono a essere uno strumento di critica costruttiva e richiesta di riforme. In quella fase, attivisti e intellettuali chiesero apertamente maggiore libertà politica attraverso manifesti affissi lungo la via Xidan, in un periodo noto come il “Beijing Spring”.

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Con il rafforzamento del potere di Deng Xiaoping e la repressione delle aperture democratiche, anche questo nuovo utilizzo però soffocato. I Dazibao persero progressivamente rilevanza con l’avvento dei media moderni e del controllo sempre più capillare dell’informazione.

L’eredità dei Dazibao nella cultura cinese

Oggi i Dazibao sono studiati dagli storici come una forma di comunicazione politica unica nel suo genere, che riflette tanto l’anelito di partecipazione popolare quanto la strumentalizzazione del potere. Nella memoria collettiva cinese restano un simbolo ambiguo: da un lato, il segno di un desiderio di voce e partecipazione; dall’altro, lo strumento con cui milioni di persone furono denunciate, perseguitate o umiliate.

La loro eredità si ritrova ancora in certe pratiche di protesta popolare, in cui la scrittura pubblica e collettiva mantiene un valore simbolico e performativo, anche se in forme molto diverse rispetto al passato maoista.

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