Il mito di Dracula nelle serie TV
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Il mito di Dracula nelle serie TV

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Il rapporto creativo tra Dracula, il Conte immortale. e l’immaginario degli sceneggiatori televisivi

Quando pensiamo a Dracula, inevitabilmente la mente corre al romanzo di Bram Stoker (1897), che ha forgiato l’immaginario del vampiro moderno con l’uso della suspense, del sovrannaturale e del fascino perverso del protagonista. Quella visione letteraria ha fornito agli sceneggiatori TV una base mitica da reinterpretare – non una gabbia da cui non uscire, bensì un terreno fertile per ibridazioni, riscritture e contaminazioni.

Le serie televisive che si cimentanl sull’interpretazione di Dracula devono fare i conti con due spinte contrastanti: da un lato l’attaccamento al mito “classico” che i fan richiedono, dall’altro la necessità di innovare e parlare al presente.

Le versioni televisive attingono a elementi consolidati — il castello isolato, la trasformazione in pipistrello, il legame con Mina o Lucy — ma li distorcono, li spostano temporalmente o li fondono con altri generi (horror gotico, thriller, fantascienza). In questo senso, il “mito di Dracula” non è mai fisso: è un organismo vivente che si adatta, si frammenta, si rigenera.

Dal passato al presente: alcune trasposizioni decisive

Le serie TV hanno percorso molti sentieri nel raccontare Dracula. La versione Count Dracula (1977) della BBC viene spesso citata come una delle rappresentazioni più fedeli al testo di Stoker, perché include numerosi elementi concreti del romanzo (personaggi, dialoghi, situazioni) piuttosto che reinventarli completamente. Negli anni 2000, Il bacio di Dracula – miniserie italo-tedesca del 2002 trasmessa su Rai 1 — ha tentato un equilibrio fra aggiornamento narrativo e rispetto del canone gotico, collocando parti della storia nella contemporaneità.

Il mito di Dracula nel cinema 

Una delle sfide maggiori per gli autori contemporanei è rendere Dracula credibile nella nostra epoca: la miniserie Dracula (2020), co-prodotta da BBC e Netflix, utilizza un meccanismo narrativo che alterna epoche differenti e introduce personaggi con difetti e ambiguità morali per evitare la figura del vampiro “perfetto”. Non tutte le critiche sono state benevole: alcuni recensori hanno sollevato problemi di coerenza narrativa e stereotipi di genere nelle scelte drammatiche della serie.

La serie Dracula (2013–2014), una co-produzione UK–USA, ha cercato un equilibrio fra orrore classico e trama moderna, pur non ottenendo un rinnovo dopo una stagione. La sua parabola mostra quanto sia rischioso portare un mito così carico nella serialità contemporanea.

Le strategie narrative nel ripensare Dracula

Una delle scelte più interessanti degli sceneggiatori è il rovesciamento dei punti di vista: Dracula non è più solo l’antagonista, ma diventa protagonista fragile, tormentato, capace di introspezione e contraddizioni. In alcune versioni, il vampiro è spinto da un desiderio di rivalsa, vendetta o redenzione, più che da mero sadismo. Questa scelta favorisce una narrazione più psicologica, capace di interrogarsi sul senso dell’immortalità, della solitudine, dell’identità.

Un’altra tecnica narrativa è la fusione di epoche: Dracula può emergere nell’epoca vittoriana e poi proiettarsi nel presente, oppure apparire direttamente in contesti moderni. Questa stratificazione temporale permette riflessioni sul confronto fra passato e presente, sull’evoluzione della scienza e del mito. La serie del 2020 fa largo uso di flashback e trama incrociate su diversi periodi, rendendo il personaggio più stratificato.

Libri consigliati. Dracula di Bram Stoker: il romanzo che ha definito il mito del vampiro 

C’è poi il tema della femminilità e della complicità romantica: Mina, Lucy, e altre figure femminili non sono semplici vittime, ma spesso attori chiave nel rapporto con Dracula, portatrici di autonomia o di tensioni morali. Le serie moderne cercano di superare l’archetipo della “donna passiva” del gotico classico. In Dracula (2020), ad esempio, Lucy viene ritratta come figura forte, consapevole delle sue scelte fino al momento estremo.

Alcuni adattamenti ironizzano o giocano con metalinguaggi vampirici, inserendo intertestualità e rimandi al panorama horror contemporaneo, come tributi a precedenti versioni cinematografiche o letterarie. Questa autoconoscenza del mito contribuisce a renderlo meno rigido, più dialogico.

Perché il mito di Dracula continua a vivere nelle serie TV?

Il motivo profondo per cui Dracula affascina tanto il pubblico televisivo risiede nel fatto che il mito incarna tensioni universali: la paura della morte, il fascino dell’ignoto, il desiderio di eterno potere e insieme la condanna del tempo che passa. Questi temi sono perenni e trovano terreno fertile nella serialità televisiva, che ha tempo per esplorarli nel dettaglio.

Le serie permettono di espandere la leggenda, aggiungere sottotrame e sviluppi che non starebbero in un film. Il pubblico può accompagnare Dracula in viaggi interiori, svolte narrative e relazioni ambigue, lungo vari episodi e stagioni. Il mito non si esaurisce: ogni generazione può reinterpretarlo, rimetterlo in scena con le proprie paure e le proprie domande.

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