Dietro la morbidezza dei nostri compagni felini si nascondono radici antiche, sensibilità territoriali e una complessa capacità di adattamento che fanno pensare: “un gatto può veramente amare viaggiare?”
Spesso si considera il gatto domestico come un animale indipendente, capace di adattarsi con facilità. Tuttavia, numerosi studi mostrano che in realtà i gatti sono fortemente legati al proprio ambiente e allo spazio che percepiscono come “casa”. Il documento Cat Behavior and Training – Crate Training and Travel segnala che «i gatti sono altamente attaccati al territorio, e il movimento lontano da questa base sicura non è qualcosa che si compie alla leggera».
In parole semplici: per molti gatti l’idea stessa di “spostarsi” equivale a lasciare una zona in cui tutto è noto — profumi, superfici, routine — per entrare in un ambiente estraneo, con stimoli, rumori, odori diversi.
Questo non significa che il viaggio sia del tutto escluso, ma rende evidente che qualunque trasferta richieda una preparazione e una sensibilità particolare nei confronti del felino.
Cosa leggerai nell'articolo:
Viaggiare è possibile, ma non è necessariamente piacevole
Ci precedono numerosi articoli e manuali veterinari che spiegano come il trasporto del gatto, sia in auto che in aereo, rappresenti un momento critico. La sezione Traveling with Cats della UC Davis School of Veterinary Medicine sottolinea che «viaggiare con un gatto può essere stressante». Un altro contributo specifica: «La maggior parte dei gatti non ama viaggiare, ma se si adotta l’approccio corretto, è possibile ridurre lo stress, rendere il viaggio fluido e forse — chissà — far sì che il gatto lo sopporti o addirittura lo gradisca».
In pratica, andare in vacanza con il gatto o intraprendere un trasferimento comporta più un’attitudine di adattamento che un vero e proprio “piacere” felino. Il gatto non è un cane; non ha la predisposizione naturale al cambiamento di paesaggio o ad avventure continue. Molti associamenti negativi (visita dal veterinario, viaggio in gabbia) possono aver consolidato l’idea che “viaggiare” sia qualcosa di cui diffidare.
Condizioni che influenzano la predisposizione al viaggio
Se dunque il viaggio non è intrinsecamente amato dalla maggior parte dei gatti, quali condizioni possono far sì che il felino non solo lo tolleri, ma, con un po’ di fortuna, anche lo accetti con serenità?
Innanzitutto la preparazione: secondo una guida della VCA Animal Hospitals il “viaggio riuscito” in auto comincia molto prima del giorno della partenza. Il testo spiega che «il momento migliore per insegnare a un gatto a viaggiare facilmente è quando è ancora un gattino. Anche per un gatto adulto, la sequenza è la stessa: abituarlo alla gabbietta, rendere il trasportino un luogo piacevole, fare brevi tragitti».
Altre variabili importanti: la salute del gatto, la familiarità con il trasportino, la presenza di elementi calmanti (come diffusori di feromoni), l’evitare cambiamenti improvvisi e luoghi che possano risultare spaventosi. Uno studio specifico ha mostrato che l’uso di un analogo sintetico del feromone facciale felino ha ridotto le risposte di stress durante il trasporto in auto.
È vero che i gatti portano energia positiva in casa? Cosa dice la scienza (e non solo)
In un certo senso, il viaggio diventa una questione di adattamento: più il gatto è preparato, più il contesto è gestito con rispetto della sua natura, maggiore è la probabilità che lo “stare in movimento” diventi una esperienza passabile, se non piacevole.
La domanda fondamentale: i gatti amano davvero viaggiare?
Arrivati a questo punto dobbiamo rispondere — o almeno provare a rispondere — alla domanda centrale: i gatti amano viaggiare? La risposta è: non nella generalità, ma alcuni sì, e molti possono imparare a tollerarlo. Il fatto che un animale sia fisicamente in grado di viaggiare non implica che lo faccia con entusiasmo. Come visto, il legame con il territorio, il bisogno di routine e sicurezza, la sensibilità al trasporto rendono l’esperienza spesso stressante. Ma se il contesto è modificato appropriatamente, quel gatto può scoprire che il viaggio non è solo un trauma.
Vale inoltre ricordare che “amarlo” nel senso umano del termine è forse troppo: parlare di “piacere del viaggio” felino significa riconoscere che il gatto si sente sufficientemente al sicuro, riconosce il contesto, si muove senza eccessivo stress. Se la sua ansia è contenuta, possiamo dire che “accompagna volentieri”; ma se il gatto è chiuso in una gabbia trasportata l’improvviso, allora l’esperienza sarà probabilmente negativa.
Viaggiare con i gatti: una questione di cura e rispetto
Per l’amante dei felini che sta pensando a viaggi insieme al proprio gatto, il consiglio è chiaro: non forzare l’esperienza e considera sempre il benessere dell’animale. Se il gatto è sano, abituato, e il trasportino è un luogo conosciuto, allora sì, potete partire insieme, e forse scoprire che lui – o lei – si può adattare. Se invece il gatto è molto territoriale, mai stato abituato a trasportini, o ha problematiche comportamentali, potrebbe essere più rispettoso lasciarlo a casa con un pet-sitter affidabile.
Alla fine, la domanda “amano viaggiare?” va declinata così: “possono viaggiare bene e serenamente se trattati con rispetto”, piuttosto che “amano viaggiare per natura”. Il che già apre uno spazio prezioso per un rapporto più consapevole e rispettoso con i nostri silenziosi compagni felini.

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