Tra ghiacci che si sciolgono e cibo sempre più scarso, orsi polari e foche lottano per adattarsi ai cambiamenti climatici
L’Artico, terra di ghiacci millenari, è una delle regioni del Paneta che sta cambiando più velocemente sotto la pressione del riscaldamento globale. Il ghiaccio marino che per secoli ha coperto queste acque si sta ritirando a una velocità impressionante. In questo paesaggio che muta ogni anno di più, gli orsi polari e le foche sono tra le specie più colpite, costrette ad affrontare un habitat che non riconoscono più.
Cosa leggerai nell'articolo:
Il destino intrecciato di due specie
Orsi polari e foche condividono un legame stretto nella catena alimentare artica: i primi dipendono quasi esclusivamente dalle seconde per sopravvivere. Le foche, in particolare quelle dagli anelli, usano il ghiaccio per partorire e allevare i piccoli. Quando questo ghiaccio si scioglie troppo presto in primavera o tarda a formarsi in autunno, le foche faticano a riprodursi, e gli orsi polari perdono la loro principale fonte di nutrimento.
Ma non si tratta solo di disponibilità di cibo. Gli orsi polari cacciano appostandosi vicino ai fori nel ghiaccio dove le foche emergono per respirare. Con la riduzione del ghiaccio marino, gli orsi sono costretti a percorrere distanze maggiori per cercare prede o, in alcuni casi, a spostarsi sulla terraferma dove trovano cibo solo in modo marginale e meno nutriente, come carcasse o rifiuti umani.
Una resistenza messa alla prova
Sia le foche che gli orsi polari sono animali straordinariamente adattati alla vita estrema dell’Artico. Le foche possiedono uno spesso strato di grasso che le protegge dal freddo, mentre gli orsi polari hanno zampe larghe per non sprofondare nella neve e un olfatto acutissimo per localizzare le foche sotto il ghiaccio. Ma nemmeno questi adattamenti possono garantire la sopravvivenza in un ecosistema che cambia più velocemente di quanto l’evoluzione possa seguire.
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Alcune foche hanno iniziato ad adattarsi a condizioni di ghiaccio più instabili, costruendo le tane sulla banchisa più sottile o addirittura in acqua aperta, ma con esiti incerti. Gli orsi polari, invece, stanno diventando sempre più magri, più vulnerabili alle malattie e al conflitto con le attività umane.
Il ruolo dell’essere umano
Dietro questa trasformazione silenziosa c’è l’aumento dei gas serra prodotti dalle attività umane. I combustibili fossili, la deforestazione e l’industrializzazione incontrollata hanno reso l’Artico una delle aree più sensibili ai cambiamenti climatici. Le temperature in questa regione si stanno alzando a un ritmo quasi quattro volte superiore rispetto alla media globale, accelerando il processo di fusione dei ghiacci.
Nel frattempo, l’apertura di nuove rotte commerciali e la crescente presenza industriale aumentano il rischio di inquinamento e disturbo agli habitat naturali, aggiungendo pressione su un sistema ecologico già in crisi.
Sopravvivenza artica: una responsabilità collettiva
Difendere la sopravvivenza degli orsi polari e delle foche significa difendere l’intero equilibrio del Pianeta. L’Artico non è un luogo remoto e scollegato dalla nostra quotidianità: è uno degli snodi climatici più importanti del globo. La sua destabilizzazione ha effetti diretti sul clima mondiale, sui livelli dei mari e sulla biodiversità.
Ridurre le emissioni, proteggere le aree marine artiche, sostenere la ricerca scientifica e rivedere il nostro modello di sviluppo sono passi fondamentali per invertire la rotta. Il futuro dell’Artico e delle creature che lo abitano è anche nelle nostre mani.

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