Uno studio dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca rivela che l’interruzione improvvisa di ogni contatto, senza spiegazioni, provoca un dolore psicologico più profondo e duraturo di un rifiuto espresso apertamente
Quando si parla di relazioni — sentimentali, amicali o professionali — ci si aspetta onestà. Un “sì”, un “no”, una spiegazione, un confronto. Eppure, sempre più spesso, le persone si ritrovano a sperimentare qualcosa di diverso: un silenzio improvviso, totale, inspiegabile. È il cosiddetto ghosting, l’atto di interrompere ogni forma di comunicazione senza preavviso, cancellandosi dalla vita dell’altro come se non fosse mai esistito.
Un recente studio dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca ha analizzato questa dinamica, scoprendo che quel silenzio pesa più del rifiuto stesso. La sparizione non solo ferisce, ma lascia una scia di confusione e senso di abbandono che può durare a lungo.
Cosa leggerai nell'articolo:
Perché il silenzio ferisce più del rifiuto
Ricevere un rifiuto, per quanto doloroso, implica una chiusura. Significa poter elaborare, accettare, eventualmente andare oltre. Il ghosting, invece, spezza la narrazione lasciando la storia sospesa, senza un punto finale. Chi lo subisce rimane intrappolato in un limbo di domande senza risposta, cercando spiegazioni che non arriveranno mai.
Gli studiosi della Bicocca hanno evidenziato come il cervello umano sia programmato per cercare coerenza: di fronte a un’interruzione improvvisa, attiva automaticamente un processo di ricerca del senso. Ma non trovandolo, quella ricerca si trasforma in sofferenza. Il risultato è una forma di dolore psicologico che, nei test condotti, si è rivelata più intensa e persistente di un rifiuto esplicito.
Le conseguenze sul benessere psicologico
Il ghosting non è soltanto un comportamento scorretto o immaturo: è un trauma relazionale. Chi lo subisce tende a interiorizzare la colpa, a chiedersi “cosa ho sbagliato?”, “perché non sono stato abbastanza?”. Il silenzio dell’altro diventa una voce interna che accusa, un eco che si ripete e impedisce di trovare pace.
Gli psicologi parlano di assenza che diventa presenza: l’assenza del dialogo, della spiegazione, dell’empatia si trasforma in un peso costante. È una forma di lutto non riconosciuto, perché non si può piangere ciò che non è mai stato ufficialmente perso. Eppure il dolore è reale, come reale è il vuoto lasciato da una persona che ha scelto di scomparire senza parole.
Un invito alla comunicazione consapevole
Il messaggio che emerge dallo studio è chiaro: comunicare è un atto di responsabilità affettiva. Anche quando non si ha più nulla da dire, dirlo conta.
Un “non ce la faccio più”, un “ho bisogno di staccare”, un “questa relazione non fa per me” — sono gesti di rispetto verso sé stessi e verso l’altro. Sparire, invece, equivale a negare la dignità dell’altro e la propria capacità di confronto.
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La società iperconnessa ha reso facile scomparire: basta un click per tagliare i ponti. Ma ciò che sembra rapido e indolore lascia ferite profonde La cura, allora, passa dal recupero del dialogo: da una cultura che valorizzi la presenza, anche nel momento dell’addio.
Box di approfondimento – Uscire dal ghosting: come ricominciare dopo il silenzio
Il primo passo per guarire dal ghosting è riconoscere che il problema non è tuo. Chi scompare senza spiegazioni non lo fa perché tu hai sbagliato qualcosa, ma perché non sa reggere la responsabilità emotiva del confronto. È una forma di fuga, non un giudizio sul tuo valore.
Il secondo passo è dare voce al dolore. Parlane con qualcuno di cui ti fidi, o scrivi ciò che senti. Mettere in parole l’esperienza serve a ricostruire una narrazione: ciò che il ghosting ti ha tolto, puoi restituirtelo attraverso la parola e la consapevolezza.
Infine, riconnettiti con la tua realtà presente. Torna a fare ciò che ami, prenditi cura del corpo e dello spirito. Ogni gesto di presenza — una passeggiata, una conversazione autentica, un momento di gratitudine — è una risposta al vuoto.
Ricorda: chi sceglie il silenzio assoluto non ha l’ultima parola. Ce l’hai tu, ogni volta che scegli di vivere, di comunicare e di non chiudere il cuore per colpa di chi non ha saputo restare.

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