Impatto del consumo di suolo sulla biodiversità italiana: un’emergenza ignorata
Ambiente

L’impatto del consumo di suolo sulla biodiversità italiana: un’emergenza ignorata

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Nuovi dati allarmanti dall’ISPRA rivelano una pressione crescente sulla biodiversità italiana: il consumo di suolo e la frammentazione degli habitat minacciano oltre il 20% delle specie. Serve una risposta rapida e mirata su paesaggio, agricoltura e città

L’Italia, pur vantando uno dei più ricchi patrimoni naturali d’Europa, è alle prese con una crisi ambientale sottotraccia: il consumo di suolo cresce senza sosta, contribuendo a un impoverimento drammatico della biodiversità. Secondo il Rapporto SNPA‑ISPRA, nel 2024 il Paese ha perso 83,7 km² di suolo naturale, con un saldo netto di 78,5 km², il dato più alto dell’ultimo decennio. Questa perdita non riguarda solo una superficie geografica, ma l’equilibrio complessivo degli ecosistemi, con conseguenze profonde per flora e fauna.

Biodiversità italiana sotto pressione

Nonostante i progressi sul fronte della riduzione dei rifiuti e della transizione energetica, la biodiversità italiana resta fortemente vulnerabile. Oltre il 20–25 % delle specie valutate presenta uno stato di conservazione sfavorevole o è a rischio di estinzione. Solo l’8% degli habitat terrestri ha uno stato di conservazione considerato “favorevole”.

Una delle cause principali di questa condizione critica è la frammentazione degli habitat, che divide il territorio naturale in isole isolate e riduce la connettività ecologica tra le popolazioni di specie. Senza corridoi naturali e connessioni tra ecosistemi, molte specie faticano a spostarsi, riprodursi o adattarsi ai cambiamenti ambientali.

Le cause ambientali

Il suolo non è solo una base fisica: esso fornisce servizi ecosistemici vitali, come la produzione di cibo, la regolazione climatica, lo stoccaggio dell’acqua e l’offerta di habitat per le specie. Quando viene coperto da cemento, asfalto o infrastrutture, queste funzioni si perdono o si degradano. I motivi della perdita di suolo sono molteplici: dal rapido sviluppo della logistica e della costruzione di magazzini o nuovi edifici residenziali, fino alla diffusione di data center.

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Oltre al consumo diretto di suolo, le infrastrutture, l’espansione urbana e la perdita di aree naturali provocano una profonda frammentazione ecologica. Gli habitat vengono separati fisicamente, creando ostacoli per le migrazioni, la riproduzione e gli scambi genetici tra le popolazioni. Questo isolamento riduce la resilienza degli ecosistemi e rende le specie più vulnerabili ai cambiamenti climatici o ad altri stress ambientali.

Le conseguenze per la biodiversità

Le conseguenze di questo processo sono gravi e molteplici. La perdita di specie locali diventa una realtà sempre più concreta, mentre la frammentazione degli habitat riduce la connettività tra le popolazioni e limita gli scambi genetici, fondamentali per la resilienza ecologica.

I servizi ecosistemici offerti dal suolo, come l’infiltrazione dell’acqua e il sequestro di carbonio, diminuiscono notevolmente, aumentando il rischio idrogeologico e aggravando gli effetti dei cambiamenti climatici.
Questo impoverimento naturale ha anche un costo economico rilevante: la perdita delle funzioni del suolo è stimata in miliardi di euro all’anno, tra danni idrogeologici e riduzione della produttività agricola.

Interventi concreti: cosa fare per invertire la rotta

Per affrontare questa emergenza, sono necessarie politiche e azioni mirate su più livelli. Nel contesto urbano, diventa cruciale promuovere la rinaturalizzazione attraverso parchi, giardini e sistemi di verde pubblico. Il Fondo per il contrasto del consumo di suolo, istituito dal Ministero dell’Ambiente, mette a disposizione decine di milioni di euro per rinaturalizzare suoli degradati.

Alcune regioni hanno già fatto passi in avanti: l’Emilia‑Romagna, ad esempio, ha rinaturalizzato 143 ettari nel 2024, con l’86% delle nuove trasformazioni reversibili, e ha stanziato 24,5 milioni per progetti di rigenerazione urbana senza consumo aggiuntivo di suolo.

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Nel settore agricolo, incentivare pratiche come l’agroforestazione, l’uso di siepi e corridoi verdi, e l’agricoltura rigenerativa può contribuire a recuperare la fertilità del suolo e a proteggere la biodiversità. È anche fondamentale promuovere il riuso di suolo agricolo degradato o sottoutilizzato per progetti agroecologici, piuttosto che destinare nuova terra all’edificazione o agli impianti.

Dal punto di vista normativo, è urgente approvare leggi che pongano limiti chiari al consumo di suolo, privilegiando il riuso urbano e la rigenerazione rispetto a nuove costruzioni. Nel diritto urbanistico, il principio dovrebbe essere che il consumo di suolo sia ammesso solo se non esistono valide alternative di riuso o rigenerazione. È altrettanto importante accelerare il recepimento della Direttiva UE sul suolo, in modo che il monitoraggio e la resilienza del territorio diventino priorità nelle pianificazioni territoriali e nei piani paesaggistici.

Le politiche di incentivazione finanziaria svolgono un ruolo chiave. Il piano del Ministero dell’Ambiente ha stanziato 160 milioni di euro per la rinaturalizzazione delle aree degradate e per sostenere gli agricoltori che adottano pratiche rigenerative, premiando la conservazione della biodiversità nei bandi regionali e nei piani di sviluppo rurale.

Il paesaggio come patto per il futuro

Il consumo di suolo e la perdita di biodiversità non sono problemi separati: sono due facce della stessa crisi. L’Italia, con la sua straordinaria ricchezza naturale, ha molto da guadagnare se agisce con coraggio e visione.

La rigenerazione urbana, l’agricoltura rigenerativa, limiti normativi chiari e fondi dedicati possono trasformare questa emergenza spesso ignorata in un’occasione di rinascita. Non si tratta soltanto di salvare specie o habitat, ma di proteggere la capacità di vivere su un pianeta sano e resiliente. Se vogliamo tramandare un’Italia più verde, è il momento di intervenire, senza più esitazioni.

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