Un classico della letteratura inglese che mescola immaginazione, critica sociale e riflessione filosofica
Pubblicato nel 1726, I viaggi di Gulliver (Gulliver’s Travels) di Jonathan Swift resta una delle opere più coinvolgenti e complesse della letteratura inglese. All’apparenza, si presenta come un romanzo di avventure straordinarie, in cui il protagonista, Lemuel Gulliver, viaggia attraverso ambientazioni fantastiche abitate da creature singolari: i minuscoli Lillipuziani, i giganti di Brobdingnag, i razionali cavalli Houyhnhnms e gli abietti Yahoos.
In realtà, al di sotto della superficie narrativa, si cela una struttura allegorica e satirica che ne fa un capolavoro di critica sociale e politica.
Una narrazione originale, tra realtà e fantasia
Il fascino del romanzo risiede nella capacità di Swift di trasportare il lettore in universi immaginari attraverso descrizioni minuziose e verosimili, tanto da rendere credibili anche le avventure più fantastiche. La scrittura, sobria e al tempo stesso vivida, riesce a bilanciare il gusto dell’esotico con una lucida riflessione sui limiti e le contraddizioni dell’essere umano.
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Gulliver diventa un osservatore disincantato della natura umana. I suoi viaggi rappresentano una progressiva presa di coscienza delle ipocrisie e delle miserie che caratterizzano la società.
Satira e allegoria della storia britannica
Il romanzo non è una semplice un’opera di intrattenimento: è soprattutto una satira socio-politica del mondo britannico del primo Settecento. Swift, decano della cattedrale di San Patrizio a Dublino e osservatore critico della vita politica londinese, sfruttò l’allegoria per denunciare i mali della sua epoca.
I Lillipuziani, con le loro dispute ridicole sulle modalità di rompere un uovo, alludono alle guerre religiose e alle tensioni confessionali che avevano lacerato l’Inghilterra e l’Irlanda. La società di Brobdingnag, governata da giganti pacifici e ragionevoli, mette a confronto la corruzione della monarchia britannica con l’ideale di un potere giusto e illuminato.
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Gli scienziati della bizzarra isola volante di Laputa incarnano la critica all’astrazione sterile della Royal Society, incapace di produrre benefici concreti per il popolo.
Il mondo degli Houyhnhnms e degli Yahoos rappresenta invece l’apice della riflessione swiftiana: una radicale denuncia della brutalità umana contrapposta a un ideale, forse irraggiungibile, di razionalità e giustizia.
In questo senso, I viaggi di Gulliver è una lente deformante ma rivelatrice, che riflette con ironia e amarezza le tensioni politiche, religiose e sociali della Gran Bretagna georgiana, e insieme mette in discussione l’intera condizione umana.
Un’opera universale
Oltre alla valenza storica e politica, il romanzo I viaggi di Gulliver può considerarsi un’opera universale, capace di parlare a lettori di ogni epoca. La forza dell’opera risiede nell’essere, contemporaneamente, un racconto di meraviglia e un ammonimento morale: una critica che trascende i confini del Settecento e invita ancora oggi a riflettere sulla corruzione del potere, sull’arroganza della ragione e sulle contraddizioni dell’animo umano.
Con questo romanzo, Jonathan Swift ha creato non soltanto una pietra miliare della letteratura inglese, ma anche uno specchio satirico della società e della natura umana, ancora attuale nella sua capacità di smascherare illusioni, ipocrisia e vanità.
[Cover Image – Gulliver a Brobdingnag in un dipinto di Richard Redgrave]

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