Un fenomeno diffuso che affonda le radici tra biologia, educazione e mondo emotivo
Molti genitori si domandano perché il proprio figlio rifiuti alcuni cibi con decisione, spesso senza nemmeno averli assaggiati. In realtà, una certa diffidenza nei confronti dei sapori nuovi è un retaggio evolutivo.
I bambini piccoli, in natura, dovevano proteggersi da alimenti potenzialmente pericolosi e sviluppavano quindi una prudenza innata. Questo meccanismo di difesa oggi si manifesta come neofobia alimentare, cioè la tendenza a rifiutare ciò che non è familiare.
Il ruolo della famiglia e delle abitudini
Accanto alla biologia c’è l’ambiente domestico, che plasma in modo decisivo le preferenze alimentari. I bambini osservano i genitori e spesso ripetono i loro comportamenti.
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Se un adulto mostra fastidio per un alimento o tende a cucinare sempre le stesse cose, il piccolo difficilmente sarà propenso a sperimentare. Allo stesso tempo, l’esposizione precoce a una varietà di sapori può ridurre le resistenze e ampliare il ventaglio di cibi accettati.
Le emozioni dei bambini a tavola
Il momento del pasto non è mai solo nutrizione, ma anche relazione ed emozione. Un bambino che percepisce ansia, pressioni o conflitti a tavola può sviluppare un atteggiamento difensivo verso il cibo.
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In certi casi, il rifiuto diventa un modo per affermare la propria autonomia o attirare attenzione. Un approccio sereno e privo di forzature favorisce invece la curiosità e l’apertura verso nuove esperienze gustative.
Una fase che può cambiare
Essere schizzinosi con il cibo non significa restarlo. Nella maggior parte dei casi si tratta di una fase transitoria che tende a ridursi con la crescita, soprattutto se accompagnata da pazienza e gradualità.
Il compito degli adulti non è imporre, ma proporre, stimolare e soprattutto condividere il piacere della tavola. Con il tempo, anche il bambino più restio può trasformarsi in un giovane curioso di assaggiare nuove pietanze.

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