Usi alimentari della silverskin, sottoprodotto della torrefazione del caffè
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La rivoluzione sostenibile del caffè: utilizzare gli scarti della torrefazione per ridurre costi e impatto ambientale

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Dalla valorizzazione della silverskin si potrebbero ottenere prodotti da forno ad alto valore aggiunto, con una riduzione dell’impatto ambientale e dei costi produttivi  

Un’indagine condotta dall’ENEA, l’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile, rivela che l’utilizzo degli scarti della torrefazione del caffè nei prodotti da forno potrebbe ridurre l’impatto ambientale del processo farinaceo del 73%, con un risparmio fino al 50% sui costi di smaltimento per le imprese.

Che cos’è la silverskin

La “silverskin”, nota anche come “pellicola argentea”, è uno dei principali sottoprodotti della torrefazione del caffè. È costituita da uno strato sottile argentato che avvolge il chicco di caffè,  rimosso durante il processo di tostatura.

La silverskin è composta principalmente da fibre e contiene anche una quantità significativa di proteine e antiossidanti. Se viene gestita in modo errato può rappresentare un problema ambientale, ma se valorizzata adeguatamente può essere trasformata in un ingrediente utile in diversi settori, come  nell’industria alimentare per i prodotti da forno o nella produzione di fertilizzanti naturali.

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Benefici dal riuso della silverskin nei prodotti da forno

La ricerca del’ENEA, parte del Progetto Biocircularcities, sottolinea l’importanza di trasformare la silverskin in un ingrediente funzionale anziché in compost.

Secondo quanto riferisce Giuliana Ansanelli, ricercatrice e coautrice dello studio insieme alle colleghe Gabriella Fiorentino e Amalia Zucaro del Laboratorio ENEA Tecnologie per il riuso, riciclo, recupero e valorizzazione di rifiuti e materiali, l’analisi del ciclo di vita indica che l’impiego alimentare della silverskin potrebbe evitare l’emissione di circa 250 kg di CO2 equivalente per ogni tonnellata di farina sostituita con lo scarto. Il quantitativo di CO2 equivale all’assorbimento che si può ottenere con 22 alberi.

La valorizzazione della silverskin come compost, invece, determina l’emissione di circa 236 kg di CO2 equivalente e il suo impatto ambientale non è compensato dai vantaggi di usare il prodotto ottenuto al posto dei fertilizzanti sintetici.

Come emerge dall’analisi, i benefici si avvertirebbero anche a livello economico, con una riduzione dei costi legati allo smaltimento della silverskin pari a quasi il 60%.

L’approvazione dell’UE

Nonostante i risultati promettenti nel suo utilizzo come ingrediente funzionale, la silverskin deve superare l’approvazione dell’UE per poter essere impiegata nei prodotti alimentari in commercio. La procedura richiede una valutazione sull’assenza di contaminanti chimici e biologici che potrebbero danneggiare la salute umana, così da garantire una maggiore sicurezza per i consumatori.

È corretto adempiere a tutte le verifiche del caso. Considerata l’importanza strategica del procedimento, le tempistiche andrebbero tuttavia accelerate, evitando strozzature burocratiche. Siamo o non siamo nell’era dell’economia circolare? Le organizzazioni alla base delle decisioni che riguardano l’intera collettività sono chiamate a dimostrarlo con fatti tangibili, non solo a parole.

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